giovedì 26 novembre 2015

L'Inganno di Penelope (Odissea di Omero)



Libro II, vv.122-137

[...]A oprar si mise, e a sé chiamonne, e disse:
"Giovani, amanti miei, tanto vi piaccia,
Poiché già Ulisse tra i defunti scese,
Le mie nozze indugiar, ch'io questo possa
Lugubre ammanto per l'eroe Laerte,
Acciò le fila inutili io non perda,
Prima fornir, che l'inclemente Parca,
Di lunghi sonni apportatrice, il colga.
Non vo' che alcuna delle Achee mi morda,
Se ad uom, che tanto avea d'arredi vivo,
Fallisse un drappo in cui giacersi estinto".
Con simil fola leggermente vinse
Gli animi nostri generosi. Intanto,
Finché il giorno splendea, tessea la tela
Superba, e poi la distessea la notte
Al complice chiaror di mute faci.
[...]


Commento: Il passo qui riportato rappresenta lo stratagemma ideato da Penelope per evitare di convolare nuovamente a nozze. Durante il giorno tesseva la tela e, durante la notte la disfaceva.
In questo modo Penelope andava a riutilizzare sempre lo stesso filo, ingannando così i Proci, suoi pretendenti.

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